domenica 25 settembre 2022

Follie

La divisa invernale
 

Qualche giorno fa sono tornata a visitare l'Ospedale Psichiatrico di Palermo, un complesso architettonico davvero notevole ma soprattutto un luogo che evoca tante storie che, apparentemente distanti, in realtà ci riguardano tutti.  

Ero stata a visitare il complesso della Vignicella l'anno scorso: la ricostruzione delle camerate e il museo degli strumenti rendono solo parzialmente ciò che doveva essere la vita qui dentro. Forse quello che impressiona di più è l'enorme quantità di faldoni pieni di documenti e carte abbandonate nella stanza che dovrebbe fungere da archivio. Ognuna di quelle carte contiene almeno una storia e ancora una volta la memoria delle vite di queste persone, relegate al margine della città per nasconderle alla vista della società civile, rischia di perdersi del tutto.

 
La Vignicella, ex casa di campagna dei Gesuiti,
poi utilizzata come succursale della Real Casa dei Matti del Barone Pisani

Questa volta, la nostra guida è stata Sebastiano Catalano, una persona davvero encomiabile che ha lavorato in questo luogo quando la sua funzione era notevolmente cambiata, dopo la legge 180.
Per la prima volta dunque sono entrata nei padiglioni nati tra la fine dell'Ottocento e i primi decenni del Novecento. Se è possibile utilizzare il termine "affascinante" per questo luogo, ecco, beh, lo utilizzerò. 

L'emozione nel percorrere questi lunghi portici, e gli altrettanto lunghi corridoi, è tanta. Il pensiero va alla mia prozia, sorella germana di mio nonno, che qui ha lavorato per tanti anni e che sicuramente doveva portarsi dentro tanta pena per le persone che qui erano recluse.


Tanti erano i motivi per cui si poteva finire qui dentro e non tutti avevano a che fare con la malattia mentale: talvolta era un modo per escludere qualche fratello o sorella da un'eredità, o sbarazzarsi di una moglie o di una figlia vagamente "strane". 

Qui venivano allevati anche i figli illegittimi, che non avevano alcuna patologia ma erano destinati a essere esclusi dalla società per una "colpa" che non avevano commesso.

Una follia, senza dubbio: quella di chi ha adottato questo sistema per risolvere un problema imbarazzante.

Entrare qui dentro significa infatti fare i conti con una parola che spesso pronunciamo con troppa leggerezza: normalità. Chi stabilisce che cosa è la norma e chi è normale?

In molte di queste persone, se solo entriamo in punta di piedi nelle loro storie, potremmo rischiare di rispecchiarci e ritrovarci: una tendenza a sognare, a immaginare, un'inclinazione malinconica o soltanto uno sconfinato bisogno di essere amati, se giudicati fuori norma, aprivano le porte di questo luogo. 


Tra i padiglioni che abbiamo visitato, c'è un giardino intitolato a Maria Ermenegilda Fuxa, una delle ospiti dell'Ospedale Psichiatrico di cui - grazie anche al signor Catalano e agli studi di Maria Teresa Lentini - si conosce meglio la storia e soprattutto la poesia.


Entriamo calpestando le foglie che già formano un tappeto in questo giardino. Il suono di questo luogo evoca le passate stagioni, e la presente e viva, soprattutto quando viene letta la prima poesia di Maria Fuxa:
Sospiri di foglie morenti

Mi distrugge / un grave peso... Incatenata / io sono in una fossa... / Sento il caldo richiamo /del vasto luminoso azzurro, / ma il gelo di grate mi piaga... // Mi avvelena / la tristezza della prima foglia / che cade morta, già, / quando tante verdi foglioline /gioiosamente danzano... // Il mio cuore batte / al soffocato ritmo / dei sospiri di foglie morenti...

Arrivare qui perché il dolore è troppo forte e ti fa perdere la ragione: Maria Fuxa visse qui perché il suo fidanzato la tradì con la sorella gemella, che poi sposò. Visse qui perché, venendo a mancare i genitori, l'unica parente che le rimaneva era la sorella snaturata, come la chiama nei suoi versi. 



La poesia le salvò la vita, letteralmente. 
Amava il cielo azzurro e di certo come me amava le nuvole che si colorano durante il trascorrere del giorno. E non posso fare a meno di pensare a quante persone (donne soprattutto, guarda caso, penso ad Antonia Pozzi) hanno vissuto sul filo del confine tra "normalità" e follia.

 

(Penso anche che in altri tempi avrei potuto finirci anche io qui dentro.)

La visita mi ha fatto tornare in mente il film che ho visto mercoledì, L'immensità di Emanuele Crialese, e lo struggente libro L'estate del '78 di Roberto Alajmo: storie di donne, di famiglie, di coppie, di figli e figlie, di persone che a un certo punto non reggono più. Ma il fatto che a un certo punto uno non regga più non vuol dire che sia folle: forse a volte vuol dire che non accetta più il fatto che tutto quello che li circonda sia considerato normale.

Di questo parla anche, in parte, un libro che ho divorato in anteprima ieri... ma ve ne parlerò prossimamente!

venerdì 16 settembre 2022

Epifanie

Tempo di ripresa, in cui tutti i tasselli si vanno mettendo a posto. Il quadro quest'anno per me è nuovo per molti motivi e per molti versi: nuova scuola, nuovi colleghi, nuovi alunni che ancora non conosco, nuove forze da misurare sul mio corpo (che è nuovo pure lui) e nuove strade da percorrere.

Lungo una di queste strade, impigliato tra le foglie verdissime, mi è apparso qualche giorno fa un rametto con dei grani di falso pepe. Queste piccole perle rosa, in contrasto con il verde delle foglie, mi hanno lasciato senza parole. Il rametto era già staccato e si trovava proprio all'altezza dei miei occhi.

Ho pensato che già da solo quel rametto con i granelli era una poesia. Poi ho pensato anche che sarebbe stato bene in una composizione.

E così, tornata a casa, il rametto è diventato il mio modello. Ma dopo tanti scatti, il migliore è questo:


Semplicemente, questo rametto, con i suoi colori che vanno via via modificandosi quasi impercettibilmente con il passare delle ore, è. Esiste nella sua perfezione senza merito, e a noi non resta che ammirarlo a bocca aperta.

Ieri invece mi sono data all'esplorazione della forma circolare, che mi attrae molto ma in cui ancora non mi sono avventurata. Sto imparando molto dalle artiste che ho trovato in rete: il flatlay, come mi ha insegnato la mitica Bernulia (Giulia Bernardelli, di cui tutti sicuramente conosciamo il lavoro ad esempio con il caffè), non è soltanto un modo attraente di fare pubblicità. Comporre è un atto creativo con effetti sensibili sia in chi compone che in chi osserva. Molte artiste (finora ho trovato solo donne!) compongono opere che sono un incanto e una gioia per gli occhi e per l'animo. 
Da loro imparo continuamente: ad esempio dall'australiana Meagan Gardiner ho appreso un facile trucchetto per cimentarmi nei tondi.


circle time 1

circle time 2



Per caso ho scoperto il profilo Instagram di Mary Jo Hoffman e il suo blog STILL
Quest'artista incredibilmente generosa e raffinata mi ha ispirato non solo per le bellissime creazioni, ma anche per queste parole che ho trovato in uno dei suoi post. 

Le lascio qui a futura memoria per me.


domenica 4 settembre 2022

L'Atelier sul Mare - come un sogno...

Ci sono cose che bisogna desiderare tanto prima di realizzarle. Qualche giorno fa ho sognato una di queste. Uso il verbo sognare perché è questa la dimensione in cui ho vissuto queste due notti e questi due giorni, se vogliamo misurarli convenzionalmente. Altrimenti potremmo misurare il tutto in attimi.

(Avevo un compleattimo da festeggiare, in realtà, e non lo sapevo ancora!)

Diversi attimi ho trascorso presso l'Atelier sul Mare,  a Castel di Tusa, il museo albergo di arte contemporanea,  ideato da Antonio Presti, all'interno del territorio della Fiumara d'Arte.

Non posso descrivervi l'emozione di trovarmi in un luogo in cui la Luna è caduta al centro della stanza (Lunaria - Contrada senza nome) né cosa vuol dire imbarcarsi di notte per l'Universo (Su barca di carta m'imbarco).

Com'è stata questa esperienza? Come entrare in sogno dentro al sogno di un altro. Le stanze che ho scelto forse erano buie, ma dentro c'era (in entrambe) la Notte con tutto il suo mistero, le stelle, la luce nel buio. E alla fine del sogno, l'approdo sull'isola.

Forse, ho scoperto, è così tutta l'arte: sognare nel sogno d'un altro, entrare ed abitare dentro le parole, le immagini, i suoni di un artista che le ha sognate per te senza neanche sapere chi eri. E in queste stanze si percepisce proprio questa dimensione onirica che però accoglie anche la luce proveniente da fuori, la sua proprietà cangiante. 


Né purtroppo troverò mai adeguate parole per descrivere la meraviglia di albe e tramonti, dei pesciolini nell'acqua trasparente, del cielo stellato. 

Il cielo stellato: no, come faccio a descriverlo? All'inizio sembra tutto vuoto, ma sono solo i tuoi occhi ancora abbagliati dalle luci del giorno e degli uomini. Poi riconosci Giove, luminosissimo laggiù sopra l'orizzonte, e riconosci Cassiopea con la sua W. E a poco a poco scopri che ci sono, sono loro, le stesse che hai imparato a nominare tanti anni fa da chi aveva lo sguardo rivolto verso l'alto in altre notti senza Luna.

E pensi che te li porterai tutti dentro questi attimi, anche se ancora non sai cosa ne farai. Anche i luoghi si caricano del tuo sguardo e ti riconoscono quando ci tornerai.

Il cielo stellato sopra di me...




mercoledì 17 agosto 2022

Sogno in bianco & nero


 Il mio ultimo divertissement con i sassi di mare e qualche conchiglia. (E sì, quelle sono gocce di sudore!)

mercoledì 20 luglio 2022

Mare


Sperimentare con lo stop motion mi piace proprio :) questo è un secondo tentativo dopo quello di qualche mese fa...

venerdì 24 giugno 2022

Nuovo mondo

Così 
è finito il tempo
dei mesi e delle settimane,
strappato è il calendario 
e non hai più 
metro né misura.

S’é rotto il cerchio 
ininterrotto delle lune
— rimane 
la linea orizzontale 
di una cicatrice.

Il filo della lama
ha tracciato per te
il confine dell’ignoto:
un tempo nuovo, senza
ritmo né ordine 
né limite né divieto.

Un tempo vasto e smisurato 
da attraversare a piedi 
un passo dietro l’altro,
a inventare un’altra mappa
del tuo nuovo mondo.

venerdì 1 aprile 2022

Sogno del granchio e della conchiglia

Cosa sogni
questa notte
in questo mare
immenso
e scuro,
tu,
chè
della tua vita
non è rimasto
che il guscio
vuoto
come il mio
cuore

Sogno del granchio e della conchiglia - composizione - 31/3/22



 

giovedì 31 marzo 2022

Crooked Heart (e altre parole)

 Certe cose accadono così, casualmente, da un pensiero.

Qualche giorno fa mi apprestavo a partecipare a un piccolo laboratorio tenuto da Silvia Battaglini, la "mamma" di Giggia (altrimenti nota come Giggia tra i fiori), un'artista che ho conosciuto lo scorso autunno alla Zagara dell'Orto Botanico di Palermo.

Per inciso, lei è bravissima e fa cose come questa:



Ma non divaghiamo. Insomma, dovevo pensare a una frase ed ecco che mi si accendono le parole di una frase letta da qualche parte, non ricordo dove, forse anche su una vignetta con l'amato Charlie Brown. Ed ecco che ieri, grazie al bellissimo incontro con Silvia, che mi ha prestato la sua Giggia, quel pensiero è diventato questo:




Bellissima la frase, che mi ripeto come un mantra. Le foglie di acetosella le ho scelte a posta un po' storte perché la mia tendenza perfezionistica mi uccide, e appunto l'imperfezione è qualcosa che mi costa tanto accettare. 
Eh, però la mia mania perfezionistica salta sempre fuori in qualche modo. Di chi è questa frase?
Dev'essere probabilmente poetica perché la sua particolare costruzione lo lascia pensare. Ok, ricorriamo a Google.

I primi risultati mi danno John Green, autore del romanzo young adults "Cercando Alaska" da cui è tratta questa frase.
Ma ci dev'essere qualcosa prima. Infatti scopro che è una citazione di due versi di una poesia di W.H. Auden, As I walked out one evening, che ritrovo qui sul sito poets.org.
Bingo! Vediamo come suonano quei versi in originale:


[...]
Life remains a blessing
Although you cannot bless.

'O stand, stand at the window
As the tears scald and start;
You shall love your crooked neighbour
With your crooked heart.'

Tutta la poesia è molto interessante e ricca: il senso (uno dei sensi) è che anche in ciò che ci appare meraviglioso e che amiamo ci sono lati oscuri e imperfetti, e che semplicemente dobbiamo imparare ad accettarlo.
Ma quel crooked heart, mi chiedevo, com'era stato tradotto nelle versioni italiane?

Eccone un paio:

Nicola Gardini, Una sera che ero uscito a spasso, tratta dalla raccolta Un altro tempo, Adelphi (da https://lyricstranslate.com)

[...]
la vita è ancora una benedizione
anche se benedire tu non puoi. 

«Oh, rimani, rimani alla finestra
mentre bruciano e sgorgano le lacrime;
tu amerai il prossimo tuo storto
con il tuo storto cuore».

Domenico Scarpa, Una sera che andavo passeggiando, dal sito nazioneindiana.com 

[...]
La vita rimane una benedizione
Anche se tu non sai benedire.

“Resta là, resta là alla finestra,
Mentre le lacrime scottano e sgorgano;
Amerai il perverso prossimo tuo
Con il perverso cuore tuo”.

L'aggettivo originario per questa frase è quindi crooked, che alla lettera significa storto, deforme, sghembo, sghimbescio, sbilenco, e in senso figurato corrotto, rovinato, disonesto.
Non solo imperfetto, quindi, ma proprio perverso nel senso etimologico (crook come sostantivo significa furfante, ladro, truffatore). Cattivo insomma, o piuttosto incattivito, che ha smarrito la retta via, che ha deviato.  
La cosa può non piacerci, ma è così. E ci riguarda tutti.

Non mi stupisce che la versione italiana più nota di questa frase, quella che ha fatto il giro dei social ed è arrivata anche a me, sia più neutra: quell'imperfetto è più facile da accettare rispetto a un perverso.
La traduttrice del romanzo Cercando Alaska, Lia Celi, ha scelto per questa citazione la versione senz'altro più adatta.

Eppure.
Eppure è questo che invita a fare il poeta: accogliere ciò che più ci ripugna, in noi stessi e negli altri. 
Anzi, amarlo.
Ok, imperfetto suona molto più rassicurante. Suona meglio. Citazione citabile. 
Ma devo ricordarmi che crooked significa questo.

Restiamo umani, appunto, in ogni senso.

martedì 29 marzo 2022

Somewhere, beyond the sea - Atlanti Babelici

Romagnolo, costa sud della mia amata Palermo. Qualche giorno fa, dopo tanto tempo, un laboratorio in presenza, preceduto da un'attività di esplorazione della spiaggia in cerca di tesori malintesi. Non avete idea di quello che abbiamo trovato. Un luogo zeppo di storie naufragate e lasciate al tempo e all'oblio.

Ecco un breve resoconto per immagini...

Ma il bello viene anche dopo. Le prove di stampa mi hanno portato a questo:



La scoperta di questo elemento, che con il mare non c'entra niente, ha cambiato il mio punto di interesse.
E dopo alcuni giorni ancora mi girava nella testa questa immagine trasfigurata.
Tutto si trasforma e prende nuova vita, al di là del mare da cui noi tutti proveniamo.




Là dove scorreva la linfa si infrangono onde immaginate.
Così vegetale, minerale e animale, naturale e artificiale diventano il mio paesaggio dell'anima. 


lunedì 7 febbraio 2022

Pettinare la spiaggia e altre cose che non immaginavo

E dunque, mi si è aperto un mondo. Da quando sono andata a raccogliere vetrini il mese scorso e ho composto il mio ultimo flatlay, ho cercato informazioni sul magico mondo del beachcombing e ho scoperto che quello che abbiamo fatto tutti da bambini è, in alcuni paesi del mondo, un'attività da adulti. Ok, adulti che conservano una parte bambina dentro di sé, ma in realtà alcuni ne fanno persino commercio (cosa per me inconcepibile, ma evidentemente non ho il senso degli affari!)

Beachcombing - letteralmente, pettinare la spiaggia. Devo ancora capire se è una cosa perfettamente lecita anche in Italia o no, visto che - contrariamente al prelevare sabbia o conchiglie - raccogliere vetri o residui ha a che fare con la storia dell'inciviltà umana. 

Insomma, sto cercando di documentarmi, ma nel frattempo quando posso cerco di godermi proprio il momento: l'aria di mare, innanzitutto, i suoi colori spettacolari e cangianti, e l'emozione della scoperta. Perché è vero, sì è proprio vero che chi cerca trova.


domenica 23 gennaio 2022

"Una frescura al centro del petto"

Dopo aver raccolto altri sassi, conchiglie e vetri di mare, dopo averli messi ad asciugare (ma come sono belli quando sono bagnati! così lucenti e splendidi!), ieri ho cominciato una nuova composizione, a partire da quella precedente che non avevo ancora smontato.




Una pietra dopo l'altra, una sfumatura dopo l'altra, ho visto crescere questa composizione, cercando di mantenerne il centro. Ho ancora tantissime cose da imparare, prima fra tutte la pazienza verso l'imperfezione, che è davvero un'arte indispensabile non solo per creare ma innanzitutto per vivere. Con l'aiuto del mio fratellino, che fotografo lo è sul serio, dopo tantissime prove sono arrivata a questa conclusione. Parziale? Forse! Finché non lo smonto è ancora lì! Ma diciamo che mi approssimo alla conclusione.
Ed ecco il risultato:


Mentre lavoravo a questa composizione, ho letto un brando della raccolta Ma dove sono le parole?, un dolcissimo libretto che racchiude le poesie degli allievi dei laboratori di poesia condotti da Chandra Livia Candiani. Vi è citata una poesia del mistico persiano Rumi:

Ci sono due tipi d'intelligenza: una acquisita,
come lo scolaro memorizza fatti e concetti
dai libri e da quel che il maestro dice,
accumulando informazioni dalle scienze tradizionali,
come da quelle nuove. 
Con questa intelligenza emergi nel mondo,
ti collochi davanti o dietro gli altri
in base alla tua competenza nel memorizzare
l'informazione, con questa intelligenza te ne vai a zonzo
per i campi della conoscenza segnando sempre più
cose sul tuo quaderno di appunti. 
C'è un altro tipo di quadernetto, 
uno già completo e custodito dentro di te,
una sorgente che straripa dal suo alveo. Una frescura
al centro del petto. Quest'altra intelligenza
non ingiallisce e non ristagna. E' fluida,
e il suo movimento non è da fuori a dentro
attraverso le condutture di un sapere idraulico.
Questo secondo sapere è una fonte 
che da dentro di te va verso l'esterno.

Ecco. "Questa frescura al centro del petto mi sembra che si possa vedere anche nella composizione che sto facendo!" mi sono detta. E queste parole mi sono risuonate mentre cercavo di completare l'armonia del quadro.

 




Pensare che tutti questi elementi (tranne la barchetta, che ormai mi accompagna ovunque, le poche conchigliette - quella più grande è un dono di mio fratello - e qualche sassolino) erano tutti scarti: un modo per dire che dai diamanti non nasce niente, ma anche per riflettere su come così poco gli uomini rispettano il mare e il pianeta in cui viviamo.
In questi scarti c'è la storia dell'ultimo secolo della mia città: la costa, un tempo frastagliata e rocciosa, è diventata, soprattutto nel secondo dopoguerra e durante gli anni del famigerato sacco di Palermo, una discarica dove depositare soprattutto sfabbricidi, gli esiti infausti di macerie e costruzioni di interi quartieri.  

Questo tesoro viene dalle due spiaggette che ho visitato nei giorni scorsi... tranne un elemento!


Questo frammento viene dalle pendici del monte Gallo, dove la costa è tutta scogli e vegetazione: non avrei mai immaginato di trovare degli scarti anche lì. Chissà a cosa apparteneva: una tazza? un piatto? Riesci a trovare la sua posizione nell'immagine finale?

Qui (oppure qui) trovate il making of ;)





martedì 18 gennaio 2022

Sassi e Smeraldi (più smeraldi che sassi)

Qualche giorno fa, attraverso uno degli input di Un anno di poesia, è tornato a galla un ricordo d'infanzia: gli smeraldi! Quanti ne trovavamo in spiaggia a San Nicola, da bambini! Li conservavamo come tesori, senza sapere che in realtà di trattava di una rivincita del mare sull'inciviltà degli esseri umani.

Ecco allora il racconto di questa passeggiata... e di quel che ne è venuto dopo. 

domenica 16 gennaio 2022

Lungo la strada, inverno

 In principio fu il pitosforo (o il pittosforo, fate voi).


Notarlo è facile quando è fiorito, ma d'inverno, senza fiori, si fa notare per i suoi frutti aperti che sgranano piccoli rubini appiccicosi. Il suo stesso nome, ho scoperto, significa "seme resinoso". Fino ad ora, però, non me ne ero mai accorta. Lungo la strada dove abito, si trova all'angolo di un palazzo, prigioniero di una recinzione. I suoi frutti aperti caduti formano una sorta di trifoglio rosso dalla forma molto interessante. 

E poi c'è il ginkgo. Ce n'è uno a cui sono molto affezionata, nei pressi di casa mia. Ho imparato a osservarlo da qualche anno. Splendido in ogni stagione, è alla fine dell'autunno che dà il suo meglio: sparge l'oro delle sue foglie ovunque. Molte rimangono intrappolate in reti e ringhiere, altre si depositano dentro i vasi del vivaio che ospita questo albero fantastico. Quando le raccolgo la mattina, portano ancora le gocce di rugiada come fossero perle trasparenti.


Ho iniziato a raccogliere le bacche aperte del pitosforo ieri: avevo la sensazione che ne sarebbe uscito fuori qualcosa di interessante. Lungo la strada, ho raccolto altri elementi: le foglie pluriennale del falso pepe, qualche seme di lantana, persino uno degli ultimi gelsomini fioriti. Qui da noi, a pensarci bene, a volte le stagioni si sovrappongono e ormai è facile vedere i gelsomini che continuano a fiorire in pieno inverno.  






versione semi-definitiva



Dopo vari ripensamenti, penso che questa sia la forma definitiva. Ho terminato questa composizione oggi e nel frattempo le foglioline del falso pepe si stavano rovinando, quindi ho dovuto accorciare il rametto. Devo ancora prendere dimestichezza con la luce, con le piccole imperfezioni che a riguardarle due volte mi sembrano enormi...

Lungo la strada - inverno
(versione definitiva almeno per il momento!)


Anche l'inverno ha la sua ricchezza vegetale: ogni pianta segue il suo proprio calendario e troppo spesso non ce ne accorgiamo. 


giovedì 13 gennaio 2022

Con pazienza di conchiglia

Il progetto Un anno di poesia sta procedendo abbastanza puntuale, con pause e riprese, ma sempre con impegno e con sorprendenti scoperte.
Nel post precedente vi mostravo l'esercizio sul logogrifo poetico :) 

L'esercizio successivo, invece, era per me totalmente nuovo: partire da una parola e attorno ad essa formare dei cerchi concentrici rispetto alla parola stessa. Alla fine, prendere due delle parole "geograficamente" più distanti e comporre dei versi.



I versi che ne sono venuti fuori sono per me una sorta di rivelazione, ma certe volte mi dico che non dovrei stupirmene perché è questo che fa la poesia, sempre:
Con pazienza di conchiglia
ho atteso all'uscio
il tuo ritorno.

Ora so: non sono
sola in questa spiaggia.
La risacca rimescola i sassi
e leviga cocci di bottiglia:
ne fa smeraldi,
tesori d'infanzia.

Anch'io porto
un tesoro
nel mio grembo.
A me - nido vuoto -
a me il mare
sussurra il segreto
ed io lo ripeto
ed io
lo ripeto
ed io
lo ripeto 
(11.01.22) 

Il giorno dopo aver composto questi versi, sono tornata sulle conchiglie. 
Probabilmente è proprio giocando con loro che l'essere conchiglia è passato dalle mie mani dentro di me, e ha lavorato. Vi mostro che cosa è venuto fuori...



A un certo punto ho ripreso in mano i sassi che tenevo da parte...



Ed ecco il risultato finale...



 

lunedì 10 gennaio 2022

L'altro lato di una conchiglia

L'inizio dell'anno è per me sempre foriero di nuove passioni e ispirazioni. Proprio i primi giorni sono quelli in cui mi convinco che ho scoperto il mio talento nascosto e da lì in avanti nessuno potrà fermarmi. Potrei dire che nella maggior parte dei casi, questo entusiasmo dura da Natale a Santo Stefano, o se volete da San Basilio all'Epifania.

Quindi no, non mi autoconvincerò di essere Michelangelo. Mi basterebbe scoprire come posso essere autenticamente Adele.

Approfitto di questi giorni per continuare a sperimentare con i flatlay espressivi. 

Sono andata a recuperare frammenti naturali dispersi e dimenticati in cassetti e ripiani. E ho fatto una scoperta. Ho scoperto l'altro lato delle conchiglie.

 
Stavo usando le conchiglie per provare a riempire lo spazio e mi sono ritrovata a girare le conchiglie dall'altro verso.

Una folgorazione. Le conchiglie bianche hanno un colore. Forse lo sapevo già. Non saprei. Solo stamattina mi si è rivelato in tutta la sua meraviglia.



Ho cominciato a selezionare e comporre a partire dal colore e mi sono accorta che mi occorrono altri elementi. (Tranquilli, non svuoterò la spiaggia. E ha un senso artistico tutto ciò, quindi ok). 

Questo è ancora un work in progress, ma vorrei raccontarvi man mano lo stupore e la sensazione di flusso che provo mentre compongo, anche solo per esercizio. 

(Fuori, nel mondo reale, c'è il delirio. Non si capisce quanto grave sia adesso la situazione dell'epidemia, che cosa succederà con la scuola. Nonostante sia vaccinata con tre dosi, mi chiedo quando toccherà a me prendermi il covid. Comporre mi permette, in questi giorni, di mettere un ordine al caos in cui mi trovo. Forse è una fuga, forse è l'unica via di uscita. Come diceva il poeta, lo scopriremo solo vivendo...)