sabato 30 agosto 2014

talenti

L'estate è agli sgoccioli e finalmente sono riuscita a leggere tre dei libri che mi ero scelta accuratamente e imposta di leggere prima di settembre (!)Ho conosciuto Austin Kleon tempo fa, quando ho iniziato a interessarmi di scarabocchi, disegni e caviardage. Lo ammiro molto, non solo per il suo lavoro artistico, davvero geniale, ma anche per come riesce a comunicarlo e a condividere con gli altri ciò che ha scoperto nel suo percorso personale.

Nel primo volumetto, Steal like an Artist (edito in Italia da Vallardi, disponibile in e-book - qui un'altra recensione), Kleon suggerisce come lasciarsi ispirare da tutto ciò che ci circonda con lo scopo di diventare noi, a nostra volta, fonte di ispirazione per gli altri. Perché innanzi tutto bisogna riconoscere che siamo tutti interconnessi e che è lo scambio dei nostri talenti e delle nostre idee che può rendere migliori noi stessi, gli altri e il mondo che ci circonda.


E la cosa fantastica è che funziona con tutto, mica solo con le "cose artistiche" :)

Il secondo volume, Show Your Work, è - se possibile - ancora più interessante: cosa vuol dire "mostrare" il proprio lavoro nella nostra epoca in cui se non sei nei social network di fatto non esisti? 


E anche qui, i consigli sono preziosi per tutti, non solo per chi lavora nel campo dell'arte ma per chiunque abbia qualcosa da comunicare. Cioè TUTTI. Perché tutti abbiamo qualcosa da dire. E se non riusciamo a dirlo è una disdetta per tutto il mondo. Il problema è comunicare nel modo più bello ed efficace, che non danneggi nessuno e che davvero aiuti tutti gli altri a crescere....

E arriviamo al terzo libretto, finito proprio poco fa - ma da rileggere e da meditare: Il libro del Talento di Cristiano Ghibaudo. Il segreto in fondo è sempre quello: qual è il mio talento? come posso riconoscerlo? come posso esprimerlo?
Tempo fa una cara amica e collega mi regalò Il codice dell'anima di James Hillman che parla di daimon e di come riconoscerlo. Mi incuriosì molto, ma alla fine ero rimasta della convinzione che solo i geni ne possedessero uno.
Il pregio notevole di questa favola è che il talento "serve" a se stessi e agli altri. Se non viene messo a disposizione degli altri - semplicemente - muore. Non a caso, infatti, il sottotitolo recita "Trovare e coltivare il proprio e quello altrui nel lavoro e nella vita". Tanti manuali fanno riferimento allo sviluppo personale, ma in questo, sebbene meriti riflessioni più approfondite, l'accento è posto sulla gioia, la bellezza e soprattutto sulla necessità di aiutare anche gli altri a scoprire il proprio talento.



Questa è forse una delle lezioni più necessarie e dure da apprendere. Perché mettere il proprio talento a disposizione degli altri implica cose difficili e "fuori moda", come impegno, responsabilità e capacità di sperare. Il talento è un potere: come tale è ambivalente, bisogna indirizzarlo, incanalarlo e riconoscerne i limiti.
E qui penso alle mie personali responsabilità, come educatrice, oltre che come essere umano. Mi convinco sempre di più che tutti siamo educatori gli uni degli altri, che ci educhiamo insieme a diventare sempre più umani, o meglio, che questo è quello a cui dovremmo mirare... Sarà che sto riscoprendo Paulo Freire e l'importanza dell'umanizzazione... o sarà che sono finite le vacanze e come al solito proprio alla fine mi vengono in mente diecimila idee da approfondire?!? Ecco, vedremo di imparare a trasformare questo mio limite in una risorsa :)


Infine, un ultimo consiglio di lettura:

Matteo 25,14-30
Parabola dei talenti
«Poiché avverrà come a un uomo il quale, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e affidò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due e a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità; e partì. Subito, colui che aveva ricevuto i cinque talenti andò a farli fruttare, e ne guadagnò altri cinque. Allo stesso modo, quello dei due talenti ne guadagnò altri due. Ma colui che ne aveva ricevuto uno, andò a fare una buca in terra e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo, il padrone di quei servi ritornò a fare i conti con loro. Colui che aveva ricevuto i cinque talenti venne e presentò altri cinque talenti, dicendo: "Signore, tu mi affidasti cinque talenti: ecco, ne ho guadagnati altri cinque". Il suo padrone gli disse: "Va bene, servo buono e fedele; sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore". Poi, si presentò anche quello dei due talenti e disse: "Signore, tu mi affidasti due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due".  Il suo padrone gli disse: "Va bene, servo buono e fedele, sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore". Poi si avvicinò anche quello che aveva ricevuto un talento solo, e disse: "Signore, io sapevo che tu sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra; eccoti il tuo". Il suo padrone gli rispose: "Servo malvagio e fannullone, tu sapevi che io mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; dovevi dunque portare il mio denaro dai banchieri; al mio ritorno avrei ritirato il mio con l'interesse. Toglietegli dunque il talento e datelo a colui che ha i dieci talenti. Poiché a chiunque ha, sarà dato ed egli sovrabbonderà; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quel servo inutile, gettatelo nelle tenebre di fuori. Lì sarà il pianto e lo stridor dei denti".

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