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domenica 5 marzo 2017
sabato 4 marzo 2017
Candele
Sono tempi duri: difficile scorgere la bellezza in un mondo che sta diventando sempre più disumano.
Eppure.
Eppure, come diceva qualcuno, l'unica cosa buona che puoi fare in mezzo al buio è accendere un fiammifero.
Qualche giorno fa con la mia classe abbiamo incontrato una persona che ha acceso un cero nel bel mezzo dell'oscurità, divenendo dunque per me (p)artigiana della bellezza sul campo: Annalisa Strada.
Ci ha raccontato due dei suoi libri, ma come ogni raccontatrice di storie che si rispetti, ne ha suscitate molte di più.
La prima di cui ci ha parlato è quella di Emanuela Loi, di cui ha scritto nel libro Io, Emanuela . A me e alle mie colleghe, che avevamo più o meno 18-20 anni nel 1992, ed eravamo a Palermo, questo racconto apre ferite che stentano a chiudersi, per ovvi motivi. Personalmente, ho molto apprezzato il fatto che non ci sia un filo di retorica in questa narrazione, anche perché risuona quel dolore sordo e lancinante allo stesso tempo che ha le parole di un'altra donna (lo Stato... lo Stato). Ma forse ancora più bello è stato il modo in cui Annalisa Strada ci ha raccontato la sua chiave di scrittura: chi gliel'ha fornita è un altro scrittore, Gabriele Romagnoli, nel suo libro Solo bagaglio a mano. Chi viaggia in aereo, impara prima o poi l'arte di preparare il bagaglio a mano. E impara - a proprie spese - che è una questione di scelte. Proprio come la vita. Tutta la nostra vita è fatta di scelte.
Anche quella di Emanuela Loi, esattamente come quella di ognuno di noi.
Ma, apparentemente, molte cose della sua vita, Emanuela non le ha scelte: chiamiamolo caso, destino, fatalità. Esattamente come accade a ciascuno di noi. Voleva fare la maestra, ma si è ritrovata a tentare il concorso in polizia per far compagnia alla sorella. Nella graduatoria, si era qualificata tra i primi, mentre la sorella si era ritrovata più in basso.
E allora? Un ripiego? No. Per tutta la vita, o almeno per buona parte di essa, Emanuela ha trasformato quello che sembrava un imprevisto, un inciampo, in una opportunità. Voleva fare la maestra per prendersi cura dei bambini: anche in polizia avrebbe potuto farlo. Era riuscita a trovare un senso alla nuova strada, imprevista, che la vita le poneva davanti.
Tanti altri imprevisti erano accaduti. (A lei come anche agli altri agenti della scorta). E per la maggior parte delle volte, Emanuela aveva scelto di accoglierli come opportunità.
Ogni volta, con la sua scelta di fare ciò che doveva fare, Emanuela ha contribuito a rendere un po' migliore il suo mondo. Che era l'unica cosa che poteva e doveva fare.
Difficile raccontare la fine di questa storia. Lo si può fare soltanto se si è convinti che non è la fine.
E qui Annalisa Strada ha chiesto ai bambini se secondo loro le cose avrebbero potuto andare diversamente.
Se Emanuela fosse rimasta qualche altro giorno in convalescenza...
Se non l'avessero assegnata al servizio scorte...
Se chi ha azionato l'autobomba, quel maledetto 19 luglio, avesse avuto un rigurgito di coscienza...
Eppure.
Eppure, come diceva qualcuno, l'unica cosa buona che puoi fare in mezzo al buio è accendere un fiammifero.
Qualche giorno fa con la mia classe abbiamo incontrato una persona che ha acceso un cero nel bel mezzo dell'oscurità, divenendo dunque per me (p)artigiana della bellezza sul campo: Annalisa Strada.
Ci ha raccontato due dei suoi libri, ma come ogni raccontatrice di storie che si rispetti, ne ha suscitate molte di più.
La prima di cui ci ha parlato è quella di Emanuela Loi, di cui ha scritto nel libro Io, Emanuela . A me e alle mie colleghe, che avevamo più o meno 18-20 anni nel 1992, ed eravamo a Palermo, questo racconto apre ferite che stentano a chiudersi, per ovvi motivi. Personalmente, ho molto apprezzato il fatto che non ci sia un filo di retorica in questa narrazione, anche perché risuona quel dolore sordo e lancinante allo stesso tempo che ha le parole di un'altra donna (lo Stato... lo Stato). Ma forse ancora più bello è stato il modo in cui Annalisa Strada ci ha raccontato la sua chiave di scrittura: chi gliel'ha fornita è un altro scrittore, Gabriele Romagnoli, nel suo libro Solo bagaglio a mano. Chi viaggia in aereo, impara prima o poi l'arte di preparare il bagaglio a mano. E impara - a proprie spese - che è una questione di scelte. Proprio come la vita. Tutta la nostra vita è fatta di scelte.
Anche quella di Emanuela Loi, esattamente come quella di ognuno di noi.
Ma, apparentemente, molte cose della sua vita, Emanuela non le ha scelte: chiamiamolo caso, destino, fatalità. Esattamente come accade a ciascuno di noi. Voleva fare la maestra, ma si è ritrovata a tentare il concorso in polizia per far compagnia alla sorella. Nella graduatoria, si era qualificata tra i primi, mentre la sorella si era ritrovata più in basso.
E allora? Un ripiego? No. Per tutta la vita, o almeno per buona parte di essa, Emanuela ha trasformato quello che sembrava un imprevisto, un inciampo, in una opportunità. Voleva fare la maestra per prendersi cura dei bambini: anche in polizia avrebbe potuto farlo. Era riuscita a trovare un senso alla nuova strada, imprevista, che la vita le poneva davanti.
Tanti altri imprevisti erano accaduti. (A lei come anche agli altri agenti della scorta). E per la maggior parte delle volte, Emanuela aveva scelto di accoglierli come opportunità.
Ogni volta, con la sua scelta di fare ciò che doveva fare, Emanuela ha contribuito a rendere un po' migliore il suo mondo. Che era l'unica cosa che poteva e doveva fare.
Difficile raccontare la fine di questa storia. Lo si può fare soltanto se si è convinti che non è la fine.
E qui Annalisa Strada ha chiesto ai bambini se secondo loro le cose avrebbero potuto andare diversamente.
Se Emanuela fosse rimasta qualche altro giorno in convalescenza...
Se non l'avessero assegnata al servizio scorte...
Se chi ha azionato l'autobomba, quel maledetto 19 luglio, avesse avuto un rigurgito di coscienza...
Ecco. Se avessi scelto la via del bene, invece di quella del male.
E a questo punto, inizierò a parlare della seconda storia che Annalisa Strada ci ha raccontato e di cui ha scritto, con il marito Gianluigi Spini, nel libro Il rogo di Stazzema.
La storia dell'eccidio di Sant'Anna di Stazzema è tristemente nota (anche se ho scoperto che molti ancora non la conoscono).
Ma anche nell'orrore indicibile di quei giorni, inimmaginabile da raccontare a dei ragazzini di oggi, si accese, quasi impercettibile una luce. Quei giorni furono in realtà fatti ferro e fuoco, e appare paradossale che tutto quel fuoco possa contenere un abisso infernale.
Eppure.
Eppure c'è la storia - vera - di Enio Mancini e della sua famiglia. La storia di come davvero ognuno di noi, con le proprie scelte di ogni giorno, può cambiare il proprio mondo. E qualche volta anche quello degli altri.
Così un gesto gentile, forse istintivo in chi è abituato a scegliere la gentilezza e a scorgere l'umanità anche negli occhi di chi in quel momento ti punta un mitra contro, segna il discrimine tra la vita e la morte. Quel soldato col mitra puntato è anche un ragazzo di sedici anni. E in quel momento compie una scelta: disobbedire. Non è facile per un soldato disobbedire. Un soldato non può e non deve disobbedire. O forse sì.
La sua disobbedienza salvò sei vite. Anzi sette. Perché sicuramente salvò anche la sua.
Ogni incontro che sia vero non esaurisce nel breve tempo trascorso insieme, ma continua a parlare dentro di noi. Giovedì scorso Annalisa Strada ha acceso diverse candele. E noi abbiamo visto con i nostri occhi a cosa può servire scegliere di raccontare storie.
Grazie, Annalisa, perché ci hai ricordato cosa vuol dire essere umani.
Grazie, Annalisa, perché ci hai ricordato cosa vuol dire essere umani.
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