lunedì 29 agosto 2016

Meravigliosa Matera

Sono stata a Matera per la quarta volta, in occasione del V seminario per formatori del Metodo Caviardage Tina Festa e ci tornerei domani, perché come dice Sergio, a Matera si va, si torna e si resta.
Questa volta ho fatto l'esploratrice soltanto l'ultima mattina, ma mettendo insieme un po' di immagini è venuto fuori questo racconto fotografico della città che mi è apparsa come una meravigliosa meridiana.
Enjoy!

domenica 21 agosto 2016

la bellezza dolorosa e colorata di Borgo Vecchio




Non ricordo chi, forse il cardinale Ravasi, ripete spesso che la bellezza è dolorosa. Dolorosa nel senso che fa male vedere il contrasto tra la pura bellezza e lo sfregio che le viene fatto. Sotto questo punto di vista, penso che la mia città non si possa battere. Allo sfregio delle bombe degli Alleati dell'ultima guerra, che è ancora una ferita ben aperta in alcuni luoghi di Palermo, si sono aggiunti nel tempo le tagliate di faccia di chi è venuto dopo, di chi aveva il potere di sanare e non l'ha fatto, di chi ha preferito lasciare tutto così, di chi ancora adesso giudica non importante (e forse conveniente) lasciare che le cose vadano in malora.

Eppure.
Eppure esistono luoghi nella mia città dove non si capita per caso, e se si sbaglia strada solitamente si ha fretta di andarsene. Luoghi che conosce bene solo chi vi è nato, per caso e per destino (per provvidenza, forse?).
Uno di questi luoghi è quello dove è nata mia nonna e che non avevo mai visitato prima di ieri.
La casa di mia nonna non c'è più da tanti anni, abbattuta per far spazio a piazza Don Sturzo, così come non c'è più la chiesa in cui i miei nonni si sposarono, la vecchia chiesa di Santa Lucia, centrata in pieno durante i bombardamenti del maggio '43.
Sono entrata al Borgo per la prima volta ieri, in compagnia di Valentina, avendo in mano un indirizzo, quello della casa natale di Giuseppe Pitré, che ero curiosa di vedere di persona dopo averne letto per caso.
Le case più antiche sono quelle tipiche dei sobborghi creati nell'ottocento, semplici ma belle persino nei dettagli. E quella di Pitré non è da meno: la sua storia è quella esemplare di un figlio di pescatore emigrato in America, rimasto solo con la madre vedova e venuto su grazie all'aiuto di un lungimirante sacerdote che lo spinge a continuare gli studi. Il Borgo di Santa Lucia infatti era una borgata di pescatori, a due passi dal salotto buono della città, con quelli che sarebbero stati il quartiere Politeama e la via Libertà. Ma la guerra e l'incuria hanno fatto - come diciamo noi - mala minnitta e appena ci addentriamo in via Collegio di Maria troviamo le baracche e le rovine.
Gli adulti e i ragazzi ci guardano con diffidenza, mentre noi guardiamo ammirate e "doloranti" le opere d'arte lasciate da un progetto di streetart realizzato da un gruppo di associazioni (PUSH, PerEsempio) in collaborazione con l'artista Ema Jons.
Vicino al campetto, risistemato da poco, un ragazzino si avvicina per mostrarci gli altri disegni: ad alcuni ha collaborato anche lui. Un altro, arrivato poco dopo, ci chiede se siamo di Palermo e ci specifica che lui è della Noce, non è del Borgo. Sono belli, i disegni, pieni di colori. Alcuni sono strani, sì. Ma ai bambini posso dire sinceramente che questo posto è bello, che mi piace. Mi piace, anche se vedo le ferite, intuisco il dolore.
Passiamo davanti all'Asilo Nido Alessandra Turrisi, chiuso dal 2010, riaperto per due giorni tempo fa e ora nuovamente chiuso. Perché in questa città lo Stato si può permettere di assentarsi nei suoi aspetti fondamentali (!) e lasciare che prevalgano le alternative, che qui hanno il nome di Mafia.
Eppure.
Eppure questo può essere un quartiere bellissimo. Eppure qui c'è tanta storia. Eppure qui è nata una delle cantanti più brave ed eteree della musica italiana, Giuni Russo, alla quale si potrebbe (perché no?) intitolare una strada, oltre che il già citato Giuseppe Pitré (del quale stiamo silenziosamente celebrando i cento anni dalla morte). Eppure qui ci sono tante storie che aspettano solo di essere raccontate, verrebbero gli altri palermitani e persino i turisti, e non per la presunta movida notturna, ma per conoscere un luogo che è Palermo, a tutti gli effetti, e che soltanto sottraendolo alla smemoratezza si può salvare.
Qualche settimana fa ho letto un libro che mi ha lasciato molto inquieta, Il Progetto Kalhesa di Ismé Gimdalcha alias Giancarlo De Carlo: dopo la lettura di questa testimonianza sul Sacco e sul post-Sacco di Palermo, non riesco più a guardare la mia città come prima. E il serpente che morde il petto del Genio di Palermo è un logo perfetto per questa città irredimibile.
Eppure.
Eppure per fortuna, esistono persone e progetti che coinvolgono innanzitutto i bambini, che li rendono partecipi del proprio tempo e del proprio territorio. In questi giorni sto scoprendo un mondo (a volte le cose ci passano sotto il naso e non abbiamo il tempo di approfondirle) fatto di cose belle e di volontà di spezzare le catene.
Ringrazio Antonio Curcio, esperto di street art a Palermo, il blog Il decimo figlio di Gemma Randazzo per avermi aiutato a cominciare a capire e metto qui un altro filmato del progetto Borgo Vecchio Factory con una parte del lavoro svolto in questi anni.